Essere donne in India: tradizione, modernità, induismo
La dipendenza dall'uomo, il matrimonio, gli studi, tutto deciso dai genitori e dalla casta?

E' difficile etichettare la donna indiana, perché è unica nel suo genere: piena di dignità, charme, di una bellezza semplice per tutte le classi sociali (dalle donne che vivono nelle fattorie dei villaggi più sperduti, a quelle delle classi medie che vivono in città, a quelle che lavorano nelle più alte sfere del governo a Nuova Delhi).
E' interessante conoscere a fondo cosa si cela dietro queste donne forti, calorose e conoscere i vari aspetti della loro vita, seppur molto diversa da classe a classe. Molti sono gli studiosi che si dedicano per anni ad approfondire l’aspetto antropologico che si nasconde dietro la figura della donna hindu, analizzandone le varie sfaccettature e caratteristiche. E' affascinante leggere della studiosa Margaret Cormack, che parla del Dharma, la “funzione” (duty in inglese) che è interiorizzata nella ragazza Hindu (così come in tutti gli individui in India). Alla nascita si diventa membri di gruppi e quello principale è la famiglia. I figli sono più legati alla madre, che è incaricata della loro crescita.
La famiglia ha un ruolo fondamentale e molto importante in India. Il primo contatto esterno del bambino è la scuola. Per una ragazza non è bene giocare in strada o nei campi, (i maschietti possono), ma è permesso loro stare col vicinato che si conosce oppure in casa con i membri della famiglia. Si spera sempre di avere un maschio, considerato dalla religione necessario alla società, a supporto dei genitori nella loro vecchiaia e assicurare la salvezza del padre durante i rituali del suo funerale. Ma la ragazza di oggi si sta sempre più “staccando” dalle quella di un tempo, facendosi spazio nella società cercando di imporre la propria figura come necessaria e quindi con un valore elevato e da non calpestare. Le possibilità per una ragazza dipendono molto dai genitori, di quanto possano essere conservatori e legati alla religione ed alle loro possibilità economiche. Sempre di più oggi sono le ragazze che, a parità dei maschi, hanno la possibilità di studiare in scuole di prestigio, anche all’estero e quindi avere la possibilità di un lavoro sicuro e anche incarichi importanti.
La figura di una donna a supporto della madre è intrinseca nella cultura indiana e anche le famiglie più povere cercano sempre di farsi affiancare per avere un aiuto dalla cosiddetta levatrice, che in occidente era riconosciuta parecchi anni fa e oggi diffusa solo tra le famiglie di altissimo status sociale, che per via del lavoro hanno problemi o difficoltà ad occuparsi dei propri figli o semplicemente perché ne dispongono le risorse economiche.
Si potrebbero scrivere pagine e pagine su queste donne che spendono letteralmente la propria vita ad allevare i figli di altre donne, che diventano parte integrante della famiglia per cui lavorano, nella maggior parte dei casi vivendo a stretto contatto nell’abitazione: donne sempre disponibili con un’eccezionale abilità nell’occuparsi di mille cose insieme. Solitamente viene richiesto loro di cucinare, lavare, andare a fare la spesa, occuparsi dei bisogni del figlio, delle incombenze della casa. Ad alcune viene lasciata la chiave di casa, essendo così persone di fiducia, di famiglia e quindi in grado di “badare” anche alla casa, durante i periodi di assenza dei proprietari. Talvolta, e questo accade per le famiglie più abbienti, seguono la famiglia anche nei loro viaggi, sia per vacanza, sia per lavoro, permettendo così ai genitori di essere indipendenti e prendendosi cura della loro prole. Per il figlio è una sicurezza avere “più madri” ed è quindi importante per loro che questi riferimenti “extra” siano sempre gli stessi. Una continua comparazione col presente è d’obbligo perché oggi è lasciato più spazio ai mariti, che sempre di più si “accorgono” della maturità della propria figlia, più precoce del figlio maschio e dunque anch’essa necessaria alla società e alla famiglia stessa in primis. Quindi molti padri mostrano un attaccamento più accentuato alle proprie figlie anche se questo dipende sempre dalla propria inclinazione e dalla cultura della famiglia stessa, che, purtroppo, spesso si sente ancora molto vincolata dagli obblighi religiosi e imposti dalla società, considerata il metro di valutazione del proprio carattere e delle proprie azioni, ogni giorno.
“Gli altri cosa penseranno”, “è bene farsi accettare dal vicinato”, “ci avranno visti”, “le finestre sono aperte”, “bisogna stare attenti a cosa fare da mangiare per non offendere la sensibilità altrui”, “è bene organizzare un matrimonio pomposo e in grande stile per farsi notare”: sono solo alcune delle espressioni che si sentono oggi in India e che fanno capire benissimo, nella vita di tutti i giorni, come il piccolo nucleo famigliare venga inglobato nel grande nucleo della società. Ogni famiglia deve mostrare i propri valori, le proprie capacità per distinguersi e per imporre la propria presenza. E importante l’accettazione, altrimenti si rimane esclusi ed emarginati. Alla propria nascita si viene già “etichettati” in quanto appartenenti ad una casta e quindi già si sa quale sarà il ruolo che si avrà in vita e come sarai considerato dagli altri e quindi il “duty”: la funzione che ti è stata “data” dal momento che si è messi al mondo.
La funzione della donna è da sempre quella di nascere, crescere, aiutare nelle incombenze famigliari, sposarsi, trasferirsi dalla famiglia del marito, lasciando quella di origine, entrare a far parte a tutti gli effetti del “nuovo” nucleo, e riprodursi. Quindi assumere finalmente uno status: quello di madre. In India essere incinta è un onore ed una fortuna. Quindi la futura madre riceve molte attenzioni, viene rispettata in quanto ha adempito al proprio dovere.
La fortuna di aver incrociato per la mia strada un’ indologa, Sabrina Ciolfi, che da anni dedica la propria vita allo studio di questo meraviglioso paese, mi ha aperto ancora di più gli occhi facendomi apprezzare le sfaccettature del paese, da un punto di vista consapevole. L’India è da conoscere, vivere a fondo e purtroppo molti la giudicano nel modo sbagliato. Sono tanti i problemi della società. La consapevolezza stessa è il punto di partenza e in molti casi difficile da raggiungere. Si deve generalizzare in questo caso, perché le famiglie che stanno bene, che hanno studiato, che, entrando in contatto con altre culture hanno smussato il lato conservatore della propria cultura e quindi molto “chiuso” sono ancora un numero troppo limitato per rappresentare la vera svolta. Gli indiani sono famosi per essere eccezionali nel campo della medicina e dell’informatica: è vero e le famiglie si indebitano a volte per incoraggiare i figli ad assecondare il proprio talento, mandandoli all’estero oppure nelle migliori scuole del Paese ed è ammirevole come questi ragazzi tengano a non deludere i propri genitori, a farsi valere negli studi e a farsi strada nella società ottenendo un ottimo posto di lavoro, anche se in un paese diverso da quello natio. Le ragazze sono considerate allo stesso livello dei fratelli e viene dato loro sempre più spazio nell’esprimere le proprie inclinazioni. Il ritorno al nucleo famigliare dopo che queste ragazze tornano dagli studi è spesso traumatico, perché, in molti casi, ci si deve scontrare con la dura realtà che “prevede” che la fanciulla pensi a sposarsi, appena terminati gli studi. E ammirevole come queste ragazze (ed è così anche per i ragazzi) non dicano nulla e pensino a quello che “si deve fare” perché così prevede la religione e la cultura ed è così che i genitori sono felici. Per loro sposarsi è considerato anche un “ricambiare” quello che i genitori hanno fatto. La possibilità che hanno dato loro facendoli studiare e l’attaccamento alla famiglia è quasi morboso che viene, a volte, a sopprimere i propri interessi. Deludere la propria famiglia è assolutamente negativo e non viene neanche preso in considerazione. Sacrificare la propria felicità a favore di quella dei genitori è d’obbligo. Ed ancora una volta si ritorna al Dharma, alla base della cultura di tutti gli individui, non importa se si appartiene alla casta dei brahmini (sacerdoti o insegnanti) a quella dei Kshatriya (re e guerrieri), ai Vaishya (commercianti), a quella dei Sudra (manovali) o ai fuori casta, l’attaccamento alla famiglia è di tutti.
Così anche il matrimonio è affare di famiglia e nella maggior parte dei casi è la famiglia stessa a decidere chi è il marito o la moglie adatta a passare la propria vita con la propria figlia o figlio. Se si cammina per le strade (di qualsiasi villaggio, città in India) è facilissimo imbattersi in un matrimonio, che ovviamente cambia in base allo stato, alla propria religione, cultura, status sociale e casta, ma in ogni caso si assiste ad un evento importante per la famiglia quanto per la società. Dai festeggiamenti, che di solito durano tre giorni, si può “etichettare” la famiglia perfettamente ed è proprio quello che la famiglia dei novelli sposi vuole. Il matrimonio è il momento di massima visibilità per poter sfoggiare se stessi davanti a tutti.
Se il marito muore ancora oggi nei villaggi o dove ancora la condizione della donna è molto subordinata all’uomo (anche nelle città), la donna perde la sua identità e spesso viene abbandonata perché considerata di cattivo augurio. La vedova veste di bianco, il colore del lutto in India. Di solito è rasata perché ogni singolo capello che cade condanna ancor più il marito alla dannazione eterna. Non indossa più gioielli e non mangia dolci. Purtroppo sono moltissime le donne che ancora oggi vengono abbandonate e lasciate a se stesse, magrissime e denutrite. Lo stato le aiuta con una piccola pensioncina sociale.
Si potrebbe scrivere in continuazione sulla donna e sulla cultura induista ma spero che queste poche righe possano essere spunto di riflessione e possano incuriosire le persone a scoprire un mondo molto diverso da quello occidentale, pieno di valori e contraddizioni, oggetto di confronto e di crescita.
Valentina Della Rocca